Le emozioni, rilevanti in ogni ambito nella vita, al giorno d’oggi giocano un ruolo molto importante anche nel mondo del lavoro, nel quale la cosiddetta “intelligenza emotiva” è diventata una competenza sempre più ricercata e preziosa.
Come afferma lo studio Workplace Trend 2018, molte imprese oggi tendono a ricercare questa qualità quando selezionano il personale, essendo infatti l’intelligenza emotiva considerata come un’importante caratteristica da parte del 34% dei recruiter. Tale competenze è stata inserita, da parte del World Economic Forum, tra le dieci abilità più importanti di un lavoratore: secondo diversi esperti, infatti, l’intelligenza emotiva è addirittura più importante del quoziente intellettivo, il quale valuta solamente l’intelligenza di tipo cognitivo, cioè quella logico-matematica e linguistica, ma non quella basata sui sentimenti e sulle emozioni.
Ma cosa si intende esattamente per intelligenza emotiva? Secondo Goleman, si tratta della capacità di conoscere le proprie e le altrui emozioni e di motivare se stessi per poter a propria volta motivare gli altri; si affianca anche l’intelligenza sociale, ovvero la capacità di cogliere istantaneamente lo stato d’animo ed i sentimenti delle persone che ci circondano, per riuscire così ad intrattenere interazioni efficaci con loro.
Collaboratori che possiedono questa dote, detengono anche varie competenze, quali: la consapevolezza di sé, cioè la capacità di conoscere i propri sentimenti e stati d’animo, la padronanza di sé, ovvero l’abilità di dominare le proprie emozioni, la motivazione, che permette di facilitare il raggiungimento degli obiettivi, l’empatia, quindi la capacità di comprendere i sentimenti delle persone che ci circondano, ed infine le abilità sociali, come la capacità di comunicare, di costruire legami, di gestire il conflitto, di leadership.
È quindi chiaro come non esista una sola forma di intelligenza, quella cognitiva, ma ad essa si affianca l’intelligenza emotivo-relazionale, dote ormai fondamentale da ricercare in un collaboratore, perché la conoscenza di se stessi per saper gestire le proprie emozioni e la capacità di relazionarsi ed interagire con gli altri, permettono di svolgere i propri compiti in modo migliore.
Per finire, non serve un elevato QI o un’alta capacità professionale, ma diviene necessario possedere anche queste soft skills emotivo-relazionali.