In un mondo in cui la stragrande maggioranza della comunicazione interpersonale si svolge attraverso la via scritta, digitando email e messaggi, e leggendo quelli che si ricevono, usandola con spavalderia al limite della congruenza, anche per distanze ridotte tra gli interlocutori, bisogna tornare a dare importanza al far sentire la propria voce.
Se è pur vero che una email rimane agli atti e può essere riletta, attribuendone ufficialità, un recente studio (del prof. Epley – Università di Chicago) ritiene che le mail ed i messaggi non facciano emergere il meglio di se stessi, agli occhi di chi le legge.
Il Prof. Epley spiega che fattori come le variazioni del tono della voce, le pause, la cadenza e tutto ciò che rientra nel cosiddetto “linguaggio paraverbale” (cioè la modalità con cui si eroga il messaggio) permettano all’ ascoltatore di entrare in maggiore sintonia con l’interlocutore.
È quindi corretto dire che per trasmettere la propria conoscenza, è più utile far sentire la propria voce.